1000Voci di poesia
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Re: 1000Voci di poesia
Anni dopo
La splendida la delirante pioggia s'è quietata,
con le rade ci bacia ultime stille.
Ritornati all'aperto
amore m'è accanto e amicizia.
E quello, che fino a poco fa quasi implorava,
dall'abbuiato portico brusìo
romba alle spalle ora, rompe dal mio passato:
volti non mutati saranno, risaputi,
di vecchia aria in essi oggi rappresa.
Anche i nostri, fra quelli, di una volta?
Dunque ti prego non voltarti amore
e tu resta e difendici amicizia.
Vittorio Sereni
La splendida la delirante pioggia s'è quietata,
con le rade ci bacia ultime stille.
Ritornati all'aperto
amore m'è accanto e amicizia.
E quello, che fino a poco fa quasi implorava,
dall'abbuiato portico brusìo
romba alle spalle ora, rompe dal mio passato:
volti non mutati saranno, risaputi,
di vecchia aria in essi oggi rappresa.
Anche i nostri, fra quelli, di una volta?
Dunque ti prego non voltarti amore
e tu resta e difendici amicizia.
Vittorio Sereni
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Re: 1000Voci di poesia
Grazie scintilla
puoi darmi una mano ad aprire quotidianamente questo topic fino a quando non torna Miskin?
puoi darmi una mano ad aprire quotidianamente questo topic fino a quando non torna Miskin?
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Re: 1000Voci di poesia
Ci sarò fino al 6 luglio Lula.
Senz'altro. Poi troveremo qualcun altro,sono fiduciosa...
Senz'altro. Poi troveremo qualcun altro,sono fiduciosa...
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Re: 1000Voci di poesia
Ciao lula, ciao mina 70 grazie a tutti per questo bellissimo topic
D'accordo il regno dei borghesi io lo odio
Il regno dei questurini e dei preti
Ma odio anche di più
Chi come me non li odia
Con tutte le sue forze.
Sputo in faccia a quell'uomo più piccolo del vero
Che a tutte le miei poesie non preferisce questa Critica della poesia.
(Paul Eluard)
D'accordo il regno dei borghesi io lo odio
Il regno dei questurini e dei preti
Ma odio anche di più
Chi come me non li odia
Con tutte le sue forze.
Sputo in faccia a quell'uomo più piccolo del vero
Che a tutte le miei poesie non preferisce questa Critica della poesia.
(Paul Eluard)
Ospite- Ospite
Re: 1000Voci di poesia
Visto che ieri si parlava di spose, la visione tutta personale di Sylvia Plath ci invita a riflettere sulle aspettative che ognuno di noi ha su se' stessa e sulle aspettative degli altri...La donna, fatta di amore e
apparenza, ha bisogno di un arsenale per sostenersi e sostenere
l'insostenibile di ciò che non esiste, per riscattarsi dall'assenza di quel
significante che la dica tutta.
L'aspirante
Prima di tutto ce li hai i requisiti?
Ce l'hai
un occhio di vetro, denti finti o una gruccia,
un tirante o un uncino,
seni di gomma, inguine di gomma,
rattoppi a qualcosa che manca? Ah
no? E allora che mai possiamo darti?
Smetti di piangere.
Apri la mano.
Vuota? Vuota. Ma ecco una mano
che la riempie, disposta
a porgere tazze di tè e sgominare emicranie,
e a fare ogni cosa che gli dirai.
La vorresti sposare?
È garantita,
ti tapperà gli occhi alla fine della vita
e del dolore.
Con quel sale ci rinnoviamo le scorte.
Vedo che sei nuda come un verme.
Che te ne pare di questo vestito-
Un po' rigido e nero, ma niente male.
Lo vorresti sposare?
È impermeabile, infrantumabile, abile
contro il fuoco e imbombardabile.
Credi a me, ti ci farai sotterrare.
E adesso, scusa, hai vuota la testa.
Ho la cosa che fa per te.
Su, su, carina, esci fuori dal guscio.
Ecco ti piace questa?
Nuda per cominciare come una pagina bianca
ma in venticinqu'anni d'argento,
d'oro in cinquanta, potrà diventare.
Una bambola viva, sotto ogni aspetto.
Sa cucire, sa cucinare,
sa parlare, parlare, parlare.
E funziona, non ha una magagna.
Qua c'è un buco, che è una manna.
Qua un occhio, una vera visione.
Ragazzo mio, è l'ultima occasione.
La vorresti sposare, sposare, sposare?
Sylvia Plath
apparenza, ha bisogno di un arsenale per sostenersi e sostenere
l'insostenibile di ciò che non esiste, per riscattarsi dall'assenza di quel
significante che la dica tutta.
L'aspirante
Prima di tutto ce li hai i requisiti?
Ce l'hai
un occhio di vetro, denti finti o una gruccia,
un tirante o un uncino,
seni di gomma, inguine di gomma,
rattoppi a qualcosa che manca? Ah
no? E allora che mai possiamo darti?
Smetti di piangere.
Apri la mano.
Vuota? Vuota. Ma ecco una mano
che la riempie, disposta
a porgere tazze di tè e sgominare emicranie,
e a fare ogni cosa che gli dirai.
La vorresti sposare?
È garantita,
ti tapperà gli occhi alla fine della vita
e del dolore.
Con quel sale ci rinnoviamo le scorte.
Vedo che sei nuda come un verme.
Che te ne pare di questo vestito-
Un po' rigido e nero, ma niente male.
Lo vorresti sposare?
È impermeabile, infrantumabile, abile
contro il fuoco e imbombardabile.
Credi a me, ti ci farai sotterrare.
E adesso, scusa, hai vuota la testa.
Ho la cosa che fa per te.
Su, su, carina, esci fuori dal guscio.
Ecco ti piace questa?
Nuda per cominciare come una pagina bianca
ma in venticinqu'anni d'argento,
d'oro in cinquanta, potrà diventare.
Una bambola viva, sotto ogni aspetto.
Sa cucire, sa cucinare,
sa parlare, parlare, parlare.
E funziona, non ha una magagna.
Qua c'è un buco, che è una manna.
Qua un occhio, una vera visione.
Ragazzo mio, è l'ultima occasione.
La vorresti sposare, sposare, sposare?
Sylvia Plath
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Re: 1000Voci di poesia
Tu non ricordi la casa dei doganieri
sul rialzo a strapiombo sulla scogliera:
desolata t'attende dalla sera
in cui v'entrò lo sciame dei tuoi pensieri
e vi sostò irrequieto.
Libeccio sferza da anni le vecchie mura
e il suono del tuo riso non è più lieto:
la bussola va impazzita all'avventura
e il calcolo dei dadi più non torna.
Tu non ricordi; altro tempo frastorna
la tua memoria; un filo s'addipana.
Ne tengo ancora un capo; ma s'allontana
la casa e in cima al tetto la banderuola
affumicata gira senza pietà.
Ne tengo un capo; ma tu resti sola
né qui respiri nell'oscurità.
Oh l'orizzonte in fuga, dove s'accende
rara la luce della petroliera!
Il varco è qui? (Ripullula il frangente
ancora sulla balza che scoscende...)
Tu non ricordi la casa di questa
mia sera. Ed io non so chi va e chi resta.
Eugenio Montale - La casa dei doganieri
sul rialzo a strapiombo sulla scogliera:
desolata t'attende dalla sera
in cui v'entrò lo sciame dei tuoi pensieri
e vi sostò irrequieto.
Libeccio sferza da anni le vecchie mura
e il suono del tuo riso non è più lieto:
la bussola va impazzita all'avventura
e il calcolo dei dadi più non torna.
Tu non ricordi; altro tempo frastorna
la tua memoria; un filo s'addipana.
Ne tengo ancora un capo; ma s'allontana
la casa e in cima al tetto la banderuola
affumicata gira senza pietà.
Ne tengo un capo; ma tu resti sola
né qui respiri nell'oscurità.
Oh l'orizzonte in fuga, dove s'accende
rara la luce della petroliera!
Il varco è qui? (Ripullula il frangente
ancora sulla balza che scoscende...)
Tu non ricordi la casa di questa
mia sera. Ed io non so chi va e chi resta.
Eugenio Montale - La casa dei doganieri
Ospite- Ospite
Re: 1000Voci di poesia
Emily Dickinson, 1858
Per oggi è tutto quello che ho da portare –
Questo, e insieme il mio cuore –
Questo e il mio cuore e i campi –
e i prati – tutto intorno –
Contali uno per uno – dovessi dimenticarmene io
qualcuno dovrà ricordarne la somma –
Questo, il mio cuore e le api, una per una
che abitano il trifoglio.
It's all I have to bring today –
This, and my heart beside –
This, and my heart, and all the fields –
And all the meadows wide –
Be sure you count – sh'd I forget
Some one the sum could tell _
This, and my heart, and all the Bees
Which in the Clover dwell.
Per oggi è tutto quello che ho da portare –
Questo, e insieme il mio cuore –
Questo e il mio cuore e i campi –
e i prati – tutto intorno –
Contali uno per uno – dovessi dimenticarmene io
qualcuno dovrà ricordarne la somma –
Questo, il mio cuore e le api, una per una
che abitano il trifoglio.
It's all I have to bring today –
This, and my heart beside –
This, and my heart, and all the fields –
And all the meadows wide –
Be sure you count – sh'd I forget
Some one the sum could tell _
This, and my heart, and all the Bees
Which in the Clover dwell.
Zoe- mengonella
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Data d'iscrizione : 13.05.10
Re: 1000Voci di poesia
Grazie Zoe
amiamo così tanto Marco, perchè amiamo così tanto la poesia....
amiamo così tanto Marco, perchè amiamo così tanto la poesia....
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Re: 1000Voci di poesia
Per un'amica che ha coltivato tanto...
C'era una volta un marinaio
che piantò un giardino presso il mare
e si fece giardiniere.
Era il giardino in fiore
e il giardiniere se n'andò
per quei mari di Dio.
Antonio Machado, Parabole, III
C'era una volta un marinaio
che piantò un giardino presso il mare
e si fece giardiniere.
Era il giardino in fiore
e il giardiniere se n'andò
per quei mari di Dio.
Antonio Machado, Parabole, III
Ultima modifica di lula il Ven 02 Lug 2010, 12:56 - modificato 1 volta.
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Re: 1000Voci di poesia
La Maschera
William Butler Yeats
"Tògli quella maschera d'oro ardente
Con gli occhi di smeraldo".
"oh no, mio caro, tu vuoi permetterti
Di scoprire se i cuori sian selvaggi o saggi,
Benché non freddi".
"volevo solo scoprire quel che c'è da scoprire,
Amore o inganno".
"fu la maschera ad attrarre tua mente
E poi a farti battere il cuore,
Non quel che c'è dietro".
"ma io debbo indagare per sapere
Se tu mi sia nemica".
oh no, mio caro, lascia andar tutto questo;
Che importa, purché ci sia fuoco
In te, in me?
William Butler Yeats
"Tògli quella maschera d'oro ardente
Con gli occhi di smeraldo".
"oh no, mio caro, tu vuoi permetterti
Di scoprire se i cuori sian selvaggi o saggi,
Benché non freddi".
"volevo solo scoprire quel che c'è da scoprire,
Amore o inganno".
"fu la maschera ad attrarre tua mente
E poi a farti battere il cuore,
Non quel che c'è dietro".
"ma io debbo indagare per sapere
Se tu mi sia nemica".
oh no, mio caro, lascia andar tutto questo;
Che importa, purché ci sia fuoco
In te, in me?
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Re: 1000Voci di poesia
che intensità...due giorni fa ho visto Bright Star !
Sono uscita con la lacrimuccia gli attori che interpretano Yeats e la fanciulla amata sono bravissimi. Ve lo consiglio, la Campion confeziona sempre film curatissimi e molto... diciamo romantici.
Mi hai fatto venire in mente una cosa a proposito di passione, amore e inganno. La vado a cercare.....
Sono uscita con la lacrimuccia gli attori che interpretano Yeats e la fanciulla amata sono bravissimi. Ve lo consiglio, la Campion confeziona sempre film curatissimi e molto... diciamo romantici.
Mi hai fatto venire in mente una cosa a proposito di passione, amore e inganno. La vado a cercare.....
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Re: 1000Voci di poesia
mina70 ha scritto:che intensità...due giorni fa ho visto Bright Star !
Sono uscita con la lacrimuccia gli attori che interpretano Yeats e la fanciulla amata sono bravissimi. Ve lo consiglio, la Campion confeziona sempre film curatissimi e molto... diciamo romantici.
Mi hai fatto venire in mente una cosa a proposito di passione, amore e inganno. La vado a cercare.....
Vero, bel film, molto intenso...e con una fotografia perfetta al limite del manieristico!
Mina, hai notato il finale con Piazza di Spagna e Trinità dei Monti completamente vuoti (non ci capiterà più di vederle così!!!)
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Re: 1000Voci di poesia
scintilla ha scritto:Grazie Zoe
amiamo così tanto Marco, perchè amiamo così tanto la poesia....
mod on
esiste un'ampia area dedicata al Mengoni, utilizzate quella per topic o post dedicati
questo è uno spazio dedicato alla poesia e tale vorremmo rimanesse
mod off
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Re: 1000Voci di poesia
giustamente eripola mi ha fatto notare che ho confuso Yeats con Keats....presa dai ricordi del film e dal romanticismo ho toppato !
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Re: 1000Voci di poesia
mina70 ha scritto:
giustamente eripola mi ha fatto notare che ho confuso Yeats con Keats....presa dai ricordi del film e dal romanticismo ho toppato !
Mina70
io e Miskin avevamo discusso del film, ma soprattutto della Campion, nel topic Multisala
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Re: 1000Voci di poesia
Questo è il sonetto che dà il titolo al film:
Fulgida stella, fossi fermo come tu lo sei
ma non in solitario splendore sospeso alto nella notte,
a vegliare, con le palpebre rimosse in eterno,
come paziente di natura, insonne eremita,
le mobili acque al loro dovere sacerdotale
di puro lavacro intorno a rive umane,
oppure guardare la nuova maschera dolcemente caduta
della neve sopra i monti e le pianure.
No - pure sempre fermo, sempre senza mutamento,
vorrei riposare sul guanciale del puro seno del mio amore,
sentirne per sempre la discesa dolce dell’onda e il sollevarsi,
sempre desto in una dolce inquietudine
a udire sempre, sempre il suo respiro attenuato,
e così vivere in eterno - o se no venir meno nella morte.
(Traduzione di Carlo Dentali)
Bright Star - John Keats
Bright star, would I were stedfast as thou art--
Not in lone splendour hung aloft the night
And watching, with eternal lids apart,
Like nature's patient, sleepless Eremite,
The moving waters at their priestlike task
Of pure ablution round earth's human shores,
Or gazing on the new soft-fallen mask
Of snow upon the mountains and the moors--
No--yet still stedfast, still unchangeable,
Pillow'd upon my fair love's ripening breast,
To feel for ever its soft fall and swell,
Awake for ever in a sweet unrest,
Still, still to hear her tender-taken breath,
And so live ever--or else swoon to death.
Fulgida stella, fossi fermo come tu lo sei
ma non in solitario splendore sospeso alto nella notte,
a vegliare, con le palpebre rimosse in eterno,
come paziente di natura, insonne eremita,
le mobili acque al loro dovere sacerdotale
di puro lavacro intorno a rive umane,
oppure guardare la nuova maschera dolcemente caduta
della neve sopra i monti e le pianure.
No - pure sempre fermo, sempre senza mutamento,
vorrei riposare sul guanciale del puro seno del mio amore,
sentirne per sempre la discesa dolce dell’onda e il sollevarsi,
sempre desto in una dolce inquietudine
a udire sempre, sempre il suo respiro attenuato,
e così vivere in eterno - o se no venir meno nella morte.
(Traduzione di Carlo Dentali)
Bright Star - John Keats
Bright star, would I were stedfast as thou art--
Not in lone splendour hung aloft the night
And watching, with eternal lids apart,
Like nature's patient, sleepless Eremite,
The moving waters at their priestlike task
Of pure ablution round earth's human shores,
Or gazing on the new soft-fallen mask
Of snow upon the mountains and the moors--
No--yet still stedfast, still unchangeable,
Pillow'd upon my fair love's ripening breast,
To feel for ever its soft fall and swell,
Awake for ever in a sweet unrest,
Still, still to hear her tender-taken breath,
And so live ever--or else swoon to death.
Ultima modifica di Delilah il Sab 03 Lug 2010, 00:32 - modificato 1 volta. (Motivazione : Ho messo a posto la formattazione)
eripola- mengonella
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Re: 1000Voci di poesia
Se
Se noi fossimo pietre,
e se la terra fosse una caverna
che ci protegge da ogni migrazione,
se noi fossimo un’ostrica
dentro le alghe del mare!
Ma noi siamo, invece, una ferita,
e siamo dei torrenti
senza letto e senza foce,
siamo campane al transito del tempo.
Fossimo senza ricordi, come una roccia,
noi ci potremmo riposare,
ma siamo spazio, segno
e sopra l’orizzonte fumo e vento.
Fuad Rifka, L’ultima parola sul pane, 2008
Domanda
Nell’ora che il corpo sarà terra, la terra sabbia
e polvere la sabbia, nell’ora in cui
ogni cosa sarà polvere, perché temere?
Finiremo così, naturalmente,
come un fiore di campo,
come un fiore che dice:
“È già tempo di neve, amico mio,
e le stagioni prossime a finire”.
Siamo reti sospese
sull’abisso.
Fuad Rifka, L’ultima parola sul pane, 2008
Se noi fossimo pietre,
e se la terra fosse una caverna
che ci protegge da ogni migrazione,
se noi fossimo un’ostrica
dentro le alghe del mare!
Ma noi siamo, invece, una ferita,
e siamo dei torrenti
senza letto e senza foce,
siamo campane al transito del tempo.
Fossimo senza ricordi, come una roccia,
noi ci potremmo riposare,
ma siamo spazio, segno
e sopra l’orizzonte fumo e vento.
Fuad Rifka, L’ultima parola sul pane, 2008
Domanda
Nell’ora che il corpo sarà terra, la terra sabbia
e polvere la sabbia, nell’ora in cui
ogni cosa sarà polvere, perché temere?
Finiremo così, naturalmente,
come un fiore di campo,
come un fiore che dice:
“È già tempo di neve, amico mio,
e le stagioni prossime a finire”.
Siamo reti sospese
sull’abisso.
Fuad Rifka, L’ultima parola sul pane, 2008
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Re: 1000Voci di poesia
Costantino Kavafis, Mura
Senza riguardo, senza pudore né pietà,
m'han fabbricato intorno erte, solide mura.
E ora mi dispero, inerte, qua.
Altro non penso: tutto mi rode questa dura sorte.
Avevo da fare tante cose là fuori.
Ma quando fabbricavano come fui così assente!
Non ho sentito mai né voci né rumori.
M'hanno escluso dal mondo inavvertitamente.
Non riesco a trascrivere il testo originale , ma c'è in questo video (è la prima poesia)
Senza riguardo, senza pudore né pietà,
m'han fabbricato intorno erte, solide mura.
E ora mi dispero, inerte, qua.
Altro non penso: tutto mi rode questa dura sorte.
Avevo da fare tante cose là fuori.
Ma quando fabbricavano come fui così assente!
Non ho sentito mai né voci né rumori.
M'hanno escluso dal mondo inavvertitamente.
Non riesco a trascrivere il testo originale , ma c'è in questo video (è la prima poesia)
Zoe- mengonella
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Data d'iscrizione : 13.05.10
Re: 1000Voci di poesia
La vita in versi
Metti in versi la vita, trascrivi
Fedelmente, senza tacere
Particolare alcuno, l’evidenza dei vivi.
Ma non dimenticare che vedere non è
Sapere, né potere, bensì ridicolo
Un altro voler essere che te.
Nel sotto e nel sopramondo s’allacciano
Complicità di visceri, saettano occhiate
D’accordi. E gli astanti si affacciano
Al limbo delle intermedie balaustre:
Applaudono, compiangono entrambi i sensi
Del sublime - l’infame, l’illustre.
Inoltre metti in versi che morire
E’ possibile a tutti più che nascere
E in ogni caso l’essere è più del dire.
Giovanni Giudici
da "La vita in versi", 1965
Metti in versi la vita, trascrivi
Fedelmente, senza tacere
Particolare alcuno, l’evidenza dei vivi.
Ma non dimenticare che vedere non è
Sapere, né potere, bensì ridicolo
Un altro voler essere che te.
Nel sotto e nel sopramondo s’allacciano
Complicità di visceri, saettano occhiate
D’accordi. E gli astanti si affacciano
Al limbo delle intermedie balaustre:
Applaudono, compiangono entrambi i sensi
Del sublime - l’infame, l’illustre.
Inoltre metti in versi che morire
E’ possibile a tutti più che nascere
E in ogni caso l’essere è più del dire.
Giovanni Giudici
da "La vita in versi", 1965
Ospite- Ospite
Re: 1000Voci di poesia
La verde illusione
Per tutto il giorno piangevo nello specchio,
la primavera aveva ceduto la mia finestra
alla verde illusione degli alberi.
Troppo grande il mio corpo per entrare
nel calice della mia solitudine,
mentre l’odore della mia corona di carta
macchiava l’aria di quelle terre senza sole.
Non potevo, non potevo più,
le voci nel vicolo, il canto degli uccelli,
il rumore di una palla di pezza che si perde,
e il vociare in fuga dei bambini,
la danza degli aquiloni
che come bolle di schiuma dai loro fili
salivano su fino al margine dei rami,
e il vento,
un vento che pareva respirare
dalle profondità più infossate nelle ore nere dell’abbraccio,
tutto questo
mi stringeva alle pareti del castello spento della fiducia,
e dalle fessure antiche chiamava il mio cuore
con il suo vero nome.
Per tutto il giorno il mio sguardo
a fissare gli occhi della mia vita,
quei due occhi confusi dallo spavento,
in fuga dal mio sguardo fisso. Come bugiardi,
a cercare rifugio nella clausura sicura
delle mie palpebre.
Ma quale cima, quale vetta?
Ma allora, forse, tutti questi sentieri tortuosi
in quella bocca nutrita dal freddo
non giungono all’ultimo crocevia dell’incontro?
Cosa mi avete donato, voi, parole fatte per incantare i semplici
e gli ingenui,
voi, che mortificate le membra e i desideri,
e se avessi infilato io un fiore tra i miei capelli
al posto di questa pantomima,
questa corona di carta che mi marcisce sulla testa,
forse quel fiore, non sarebbe stato più incantevole?
Ma come mi ha conquistato l’anima del deserto,
e la magia della luna
che mi ha portato lontano da una fede struggente!
Quanto enorme si è fatta la parte incompleta del mio cuore,
quando nessun’altra metà è arrivata ad unirsi a questo pezzo.
Ma come ho fatto a fermarmi e a guardare
come la terra sotto i miei piedi sprofonda
e il calore del corpo di chi voglio
non procede verso la vuota attesa del mio corpo?
Ma quale cima, quale vetta?
Proteggetemi, voi, lampade turbate,
o case illuminate e incredule,
là, dove sui vostri tetti presi dal sole
i panni appena lavati risplendono nell’abbraccio
di vapori profumati.
Proteggetemi, voi, donne semplici, piene, totali,
che con le vostre dita sottili
seguite il movimento piacevole
di un feto sotto pelle,
e dalla fessura dei vostri colli di continuo
l’aria si mescola al profumo di un latte fresco.
Ma quale cima, quale vetta?
Proteggetemi, voi, focolari infiammati,
fortunati ferri di cavallo,
e la canzone delle pentole di rame
nel sortilegio della cucina,
melodia della ruota per filare la lana,
scope e tappeti, voi, che vi stringete da mattina a sera,
proteggetemi, voi, amori avidi
che l’eterno desiderio doloroso con un magico seme
e con una goccia di sangue fresco
decora il letto delle vostre conquiste.
E per tutto il giorno, tutto il giorno
liberata, come un cadavere a pelo d’acqua
mi avvicinavo allo scoglio più spaventoso,
verso il più profondo antro del mare,
tra le bestie più feroci,
e nel sentire la morte
fiammeggiavano le vertebre sottili della mia schiena.
La voce dei miei passi si levava dalla sfiducia nel sentiero,
e si allargava il mio gelsomino per la dismisura paziente dell’anima.
E quella primavera, quella verdeggiante illusione di speranza
che volteggiava sul lago
- guarda - mi disse,
- come non vai mai avanti,
tu, sei sprofondata.
Forugh Farrokhzad
poetessa iraniana
Evito l'originale in farsi
Per tutto il giorno piangevo nello specchio,
la primavera aveva ceduto la mia finestra
alla verde illusione degli alberi.
Troppo grande il mio corpo per entrare
nel calice della mia solitudine,
mentre l’odore della mia corona di carta
macchiava l’aria di quelle terre senza sole.
Non potevo, non potevo più,
le voci nel vicolo, il canto degli uccelli,
il rumore di una palla di pezza che si perde,
e il vociare in fuga dei bambini,
la danza degli aquiloni
che come bolle di schiuma dai loro fili
salivano su fino al margine dei rami,
e il vento,
un vento che pareva respirare
dalle profondità più infossate nelle ore nere dell’abbraccio,
tutto questo
mi stringeva alle pareti del castello spento della fiducia,
e dalle fessure antiche chiamava il mio cuore
con il suo vero nome.
Per tutto il giorno il mio sguardo
a fissare gli occhi della mia vita,
quei due occhi confusi dallo spavento,
in fuga dal mio sguardo fisso. Come bugiardi,
a cercare rifugio nella clausura sicura
delle mie palpebre.
Ma quale cima, quale vetta?
Ma allora, forse, tutti questi sentieri tortuosi
in quella bocca nutrita dal freddo
non giungono all’ultimo crocevia dell’incontro?
Cosa mi avete donato, voi, parole fatte per incantare i semplici
e gli ingenui,
voi, che mortificate le membra e i desideri,
e se avessi infilato io un fiore tra i miei capelli
al posto di questa pantomima,
questa corona di carta che mi marcisce sulla testa,
forse quel fiore, non sarebbe stato più incantevole?
Ma come mi ha conquistato l’anima del deserto,
e la magia della luna
che mi ha portato lontano da una fede struggente!
Quanto enorme si è fatta la parte incompleta del mio cuore,
quando nessun’altra metà è arrivata ad unirsi a questo pezzo.
Ma come ho fatto a fermarmi e a guardare
come la terra sotto i miei piedi sprofonda
e il calore del corpo di chi voglio
non procede verso la vuota attesa del mio corpo?
Ma quale cima, quale vetta?
Proteggetemi, voi, lampade turbate,
o case illuminate e incredule,
là, dove sui vostri tetti presi dal sole
i panni appena lavati risplendono nell’abbraccio
di vapori profumati.
Proteggetemi, voi, donne semplici, piene, totali,
che con le vostre dita sottili
seguite il movimento piacevole
di un feto sotto pelle,
e dalla fessura dei vostri colli di continuo
l’aria si mescola al profumo di un latte fresco.
Ma quale cima, quale vetta?
Proteggetemi, voi, focolari infiammati,
fortunati ferri di cavallo,
e la canzone delle pentole di rame
nel sortilegio della cucina,
melodia della ruota per filare la lana,
scope e tappeti, voi, che vi stringete da mattina a sera,
proteggetemi, voi, amori avidi
che l’eterno desiderio doloroso con un magico seme
e con una goccia di sangue fresco
decora il letto delle vostre conquiste.
E per tutto il giorno, tutto il giorno
liberata, come un cadavere a pelo d’acqua
mi avvicinavo allo scoglio più spaventoso,
verso il più profondo antro del mare,
tra le bestie più feroci,
e nel sentire la morte
fiammeggiavano le vertebre sottili della mia schiena.
La voce dei miei passi si levava dalla sfiducia nel sentiero,
e si allargava il mio gelsomino per la dismisura paziente dell’anima.
E quella primavera, quella verdeggiante illusione di speranza
che volteggiava sul lago
- guarda - mi disse,
- come non vai mai avanti,
tu, sei sprofondata.
Forugh Farrokhzad
poetessa iraniana
Evito l'originale in farsi
Ospite- Ospite
Re: 1000Voci di poesia
Amici, sto per partire e quindi vi saluto con una poesia ....ma tornerò presto con voi a leggere le vostre poesie, a proporvi quelle che amo di più....un abbraccio....
Congedo del viaggiatore cerimonioso
Amici, credo che sia
meglio per me cominciare
a tirar giù la valigia.
Anche se non so bene l’ora
d’arrivo, e neppure
conosca quali stazioni
precedano la mia,
sicuri segni mi dicono,
da quanto m’è giunto all’orecchio
di questi luoghi, ch’io
vi dovrò presto lasciare.
Vogliatemi perdonare
quel po’ di disturbo che reco.
Con voi sono stato lieto
dalla partenza, e molto
vi sono grato, credetemi,
per l’ottima compagnia.
Ancora vorrei conversare
a lungo con voi. ma sia.
Il luogo del trasferimento
lo ignoro. Sento
però che vi dovrò ricordare
spesso, nella nuova sede,
mentre il mio occhio già vede
dal finestrino, oltre il fumo
umido del nebbione
che ci avvolge, rosso
il disco della mia stazione.
Chiedo congedo a voi
senza potervi nascondere,
lieve, una costernazione.
Era così bello parlare
insieme, seduti di fronte:
così bello confondere
i volti (fumare,
scambiandoci le sigarette),
e tutto quel raccontare
di noi (quell’inventare
facile, nel dire agli altri),
fino a poter confessare
quanto, anche messi alle strette,
mai avremmo osato un istante
(per sbaglio) confidare.
(Scusate. È una valigia pesante
anche se non contiene gran che:
tanto ch’io mi domando perché
l’ho recata, e quale
aiuto mi potrà dare
poi, quando l’avrò con me.
Ma pur la debbo portare,
non fosse che per seguire l’uso.
Lasciatemi, vi prego, passare.
Ecco. Ora ch’essa è
nel corridoio, mi sento
più sciolto. Vogliate scusare).
Dicevo, ch’era bello stare
insieme. chiacchierare.
Abbiamo avuto qualche
diverbio, è naturale.
Ci siamo – ed è normale
anche questo – odiati
su più d’un punto, e frenati
soltanto per cortesia.
Ma, cos’importa. Sia
come sia, torno
a dirvi, e di cuore, grazie
per l’ottima compagnia.
Congedo a lei, dottore,
e alla sua faconda dottrina.
Congedo a te, ragazzina
smilza, e al tuo lieve afrore
di ricreatorio e di prato
sul volto, la cui tinta
mite è sì lieve spinta.
Congedo, o militare
(o marinaio! In terra
come in cielo ed in mare)
alla pace e alla guerra.
Ed anche a lei, sacerdote,
congedo, che m’ha chiesto s’io
(scherzava!) ho avuto in dote
di credere al vero Dio.
Congedo alla sapienza
e congedo all’amore.
congedo anche alla religione.
Ormai sono a destinazione.
Ora che più forte sento
stridere il freno, vi lascio
davvero, amici. Addio.
Di questo, sono certo: io
son giunto alla disperazione
calma, senza sgomento.
Scendo. Buon proseguimento.
Giorgio Caproni
(Da Congedo del viaggiatore cerimonioso & altre prosopopee, 1960)
Congedo del viaggiatore cerimonioso
Amici, credo che sia
meglio per me cominciare
a tirar giù la valigia.
Anche se non so bene l’ora
d’arrivo, e neppure
conosca quali stazioni
precedano la mia,
sicuri segni mi dicono,
da quanto m’è giunto all’orecchio
di questi luoghi, ch’io
vi dovrò presto lasciare.
Vogliatemi perdonare
quel po’ di disturbo che reco.
Con voi sono stato lieto
dalla partenza, e molto
vi sono grato, credetemi,
per l’ottima compagnia.
Ancora vorrei conversare
a lungo con voi. ma sia.
Il luogo del trasferimento
lo ignoro. Sento
però che vi dovrò ricordare
spesso, nella nuova sede,
mentre il mio occhio già vede
dal finestrino, oltre il fumo
umido del nebbione
che ci avvolge, rosso
il disco della mia stazione.
Chiedo congedo a voi
senza potervi nascondere,
lieve, una costernazione.
Era così bello parlare
insieme, seduti di fronte:
così bello confondere
i volti (fumare,
scambiandoci le sigarette),
e tutto quel raccontare
di noi (quell’inventare
facile, nel dire agli altri),
fino a poter confessare
quanto, anche messi alle strette,
mai avremmo osato un istante
(per sbaglio) confidare.
(Scusate. È una valigia pesante
anche se non contiene gran che:
tanto ch’io mi domando perché
l’ho recata, e quale
aiuto mi potrà dare
poi, quando l’avrò con me.
Ma pur la debbo portare,
non fosse che per seguire l’uso.
Lasciatemi, vi prego, passare.
Ecco. Ora ch’essa è
nel corridoio, mi sento
più sciolto. Vogliate scusare).
Dicevo, ch’era bello stare
insieme. chiacchierare.
Abbiamo avuto qualche
diverbio, è naturale.
Ci siamo – ed è normale
anche questo – odiati
su più d’un punto, e frenati
soltanto per cortesia.
Ma, cos’importa. Sia
come sia, torno
a dirvi, e di cuore, grazie
per l’ottima compagnia.
Congedo a lei, dottore,
e alla sua faconda dottrina.
Congedo a te, ragazzina
smilza, e al tuo lieve afrore
di ricreatorio e di prato
sul volto, la cui tinta
mite è sì lieve spinta.
Congedo, o militare
(o marinaio! In terra
come in cielo ed in mare)
alla pace e alla guerra.
Ed anche a lei, sacerdote,
congedo, che m’ha chiesto s’io
(scherzava!) ho avuto in dote
di credere al vero Dio.
Congedo alla sapienza
e congedo all’amore.
congedo anche alla religione.
Ormai sono a destinazione.
Ora che più forte sento
stridere il freno, vi lascio
davvero, amici. Addio.
Di questo, sono certo: io
son giunto alla disperazione
calma, senza sgomento.
Scendo. Buon proseguimento.
Giorgio Caproni
(Da Congedo del viaggiatore cerimonioso & altre prosopopee, 1960)
Ospite- Ospite
Re: 1000Voci di poesia
Cesare Pavese, Estate
C'è un giardino chiaro, fra mura basse,
di erba secca e di luce, che cuoce adagio
la sua terra. È una luce che sa di mare.
Tu respiri quell'erba. Tocchi i capelli
e ne scuoti il ricordo.
Ho veduto cadere
molti frutti, dolci, su un'erba che so,
con un tonfo. Così trasalisci tu pure
al sussulto del sangue. Tu muovi il capo
come intorno accadesse un prodigio d'aria
e il prodigio sei tu. C'è un sapore uguale
nei tuoi occhi e nel caldo ricordo.
Ascolti.
La parole che ascolti ti toccano appena.
Hai nel viso calmo un pensiero chiaro
che ti finge alle spalle la luce del mare.
Hai nel viso un silenzio che preme il cuore
con un tonfo, e ne stilla una pena antica
come il succo dei frutti caduti allora.
@Scintilla, grazie per la bellissima poesia
C'è un giardino chiaro, fra mura basse,
di erba secca e di luce, che cuoce adagio
la sua terra. È una luce che sa di mare.
Tu respiri quell'erba. Tocchi i capelli
e ne scuoti il ricordo.
Ho veduto cadere
molti frutti, dolci, su un'erba che so,
con un tonfo. Così trasalisci tu pure
al sussulto del sangue. Tu muovi il capo
come intorno accadesse un prodigio d'aria
e il prodigio sei tu. C'è un sapore uguale
nei tuoi occhi e nel caldo ricordo.
Ascolti.
La parole che ascolti ti toccano appena.
Hai nel viso calmo un pensiero chiaro
che ti finge alle spalle la luce del mare.
Hai nel viso un silenzio che preme il cuore
con un tonfo, e ne stilla una pena antica
come il succo dei frutti caduti allora.
@Scintilla, grazie per la bellissima poesia
Zoe- mengonella
- Messaggi : 9955
Data d'iscrizione : 13.05.10
Re: 1000Voci di poesia
Zoe , continua tu in questo mese.....amo molto la tua sensibilità, così come quella di Lula. A presto!!
Ospite- Ospite
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